SILVIA MEI
la finezza del linguaggio, in grado di esprimere fedelmente lo stato attuale dei fatti…, forse la ricerca di un antidoto universale per sopravvivere ai veleni del profitto, dell'individualismo e del pregiudizio. Era il 2015 quando acquistò il suo primo Mei da Enzo Cannaviello, storico gallerista talent scout, a cui Milano non bastava più: “Ho scelto Cremona perché quasi priva di informazioni sull’arte contemporanea… Una città di turismo raffinato e colto: è ora che le nuove esperienze estetiche si diffondano nel territorio…”. Quella delocalizzazione si chiamava “Interno 18” ed è grazie ad essa e all’intuito di Pier, se oggi conosciamo personalmente un talento raro come Silvia Mei… Un’artista immensamente sensibile che attraverso una forma “mostruosa”, ai confini tra Sublime e Perturbante, ci presenta la cruda verità della sostanza umana… Noncurante dell’aspetto esteriore, lo scopo effimero che annulla l’anima, indaga al contrario, i meandri della propria coscienza, contempla la molteplicità dei sentimenti sino a raggiungerne le radici più profonde. Attraverso i suoi personaggi “fiabeschi”, di base autoritratti, Mei parla di sé, del proprio vissuto, nonché dell’atteggiamento cognitivo, affettivo e comportamentale che assume verso il prossimo: “Mi focalizzo sul volto perché mi interessa la psiche, il corpo può essere uomo o donna ma non conta… Il valore non è nell’apparenza, mi concentro sui rapporti umani, sull’empatia”. Ho avuto prova nell’immediato, della sincerità delle sue affermazioni, letteralmente sulla mia pelle, soffro di dermatite, un'infiammazione che talvolta mi ricopre il viso di sgradevoli macchie rossastre. Quando si manifesta mi risulta difficile stare in mezzo alla gente, mi sento osservato e giudicato. Guarda caso il giorno del nostro incontro ero concio da non potermi guardare allo specchio, ora che ci penso l’immagine riflessa ricordava vagamente i primi stadi un “ritratto meiano”, ma appena Silvia mi ha parlato le macchie sono scomparse… scherzi a parte fu come se lo fossero, è difficile da spiegare, ma non ho avuto la solita sensazione di disagio, quel timore di suscitare disgusto nell’interlocutore, al contrario la sua sincera indifferenza al mio stato ai fini della nostra conoscenza, me ne ha fatto dimenticare… È una questione di sensazioni penso. Non occorrono gesti plateali per dire chi siamo, lasciano il tempo che trovano, poiché seguono un canone puramente estetico, come la bellezza fine a se stessa. Sono gli atteggiamenti quotidiani a fare la differenza nei rapporti, a determinare l’autenticità di un’intenzione. Silvia ha un’aura potente che riesco facilmente a percepire, trovo affinità nel suo pensiero, ne ammiro l’integrità personale, la lealtà innanzitutto verso se stessa, ciò che cerca nell’arte è ciò che più le preme nella vita. Il difetto estetico perde la sua carica negativa quando ci concentriamo sull’essenza, è un dettaglio della nostra storia, una cicatrice che struttura e d’un tratto si trasforma in punto di forza. Gli individui “spaventosi”, dai volti tumefatti, i cui organi dei sensi vengono deformati,
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MjU1NDQ=