GIANLUCA SGHERRI

delicato al contempo le propriematrici individuali: in questo, le architetture tonali di Riccardo Guarneri ma soprattutto l'abbacinante colorismo di Valentino Vago e di Claudio Olivieri si mostrano come evidenti punti di contatto con certa produzione recente di Sgherri, nella quale egli si concentra sull'indagine spaziale mediante la profondità del tono su tono e della ricchezza delle velature, metabolizzando a livello individuale una sorta di cromatismo nucleare a volte struggente. Vi sono poi le idee stesse di tempo e spazio che contraddistinguono la pittura di Sgherri in sé: per il primo, ne è emblema il presente catalogo e la mostra di cui questo ne rappresenta la letteratura, tradotta e sintetizzata nella felice formula del “senza fiato” che definisce lo stato d'animo e fisico dell'artista, immobile, in stasi, sospeso tra un respiro e l'altro, nel suo dipingere pennellata dopo pennellata, evitando con rigore di abbandonarsi al gesto in sé. Anche questo fattore rappresenta una parte importante della sua pittura, nell'individuare, accogliere e far totalmente suo un fare pittorico che ne rappresentasse gli intenti: la stagione segnica delle grandi avanguardie del dopoguerra in realtà non lo tocca poi più di tanto; mentre ben più presente l'idea che l'arte povera e i risultati ottenuti tra la fine degli anni sessanta e tutto il decennio successivo possano garantirgli una soluzione reale: l'oggetto come simbolo di se stesso e di altro al contempo, di un quotidiano minuto e circostanziale e di verità assolute. In ciò ricadono certe dinamiche visive definite dal ciclo delle cosiddette “puntine”, ricordo lontano della critica sociale presente nelle celebri “pastiglie” di Turcato o nelle virgole rivelatrici delle biro di Alighiero Boetti, disposte secondo una prospettiva aerea in asse e che rammentano, d'altro canto, anche note musicali su spartiti liberi; o l'avventurarsi nell'ambito figurato di una pittura emotiva e nostalgica, descritta da campiture cromatiche pure, da una pennellata ancora finissima, illusoria, piena e dove la velatura invece si fa da parte; per poi confrontarsi con il potere elusivo che la pittura stessa perseguemediante lamimesi con la realtà, attraverso calde texture geometriche dal tattile sapore mnemonico ed estroflessioni inesistenti giostrate sull'inganno del mezzo grafico. Eppure Sgherri è davvero artista in equilibrio tra il mondo che osserva e quello che è, mentre assegna a entrambi un valore di mobilità tra le parti che, rammentiamolo ancora, lo pone come punta dell'iceberg della sua generazione: del resto questo è davvero il suo spazio, filtrato tra un ricordo vissuto e un sogno a occhi aperti. Una figurazione, la sua, fatta non creata di nostalgia, in una dimensione sospesa e sacrale, dalle

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