GIANLUCA GROPPI

I toni, le scene, gli accoppiamenti hanno un filo conduttore logico che li rende coerenti, assimilabili. L’evoluzione di Groppi è evidente e proiettata verso quella che, a mio avviso, può essere definita maturità e che porta, nel 2015, alla nascita di ”Nightmore”. La parola stessa (“Night-More”) gioca sul significato di incubo e del desiderio (“ancora-notte”) di essere investiti da flashback notturni privi di significato. Solo visioni alle quali, a volte, aggiungere un finale. “Questo è un corpo di lavoro perennemente aperto e che evolverà assieme alla mia maturazione di essere. Avevo bisogno di leggerezza nella fase creativa ed anche di una sorta di "stato di attesa" ove, a tempo debito, le idee arrivano, senza che sia io a cercarle.” NightMore nasce dal desiderio di riuscire a creare narrazioni senza l’abituale preparazione meticolosa, lasciandosi trasportare da sensazioni e sogni. Abbandonandosi. Le immagini non hanno obbligatoriamente un senso compiuto: sono suggestioni, indizi che possono condurre a diverse realtà parallele. Si situano in quello stato fluttuante della coscienza che genera illusioni e visioni. Immagini ipnagogiche ricevute abbandonando sé stesso a ciò che il pre-sonno regala. Aspettando, senza forzare la mano. Questo lavoro arriva dopo un periodo di fermo, di interruzione, di riflessione. Il bianco e nero, che ha sempre rappresentato una componente naturale del lavoro di Groppi, cede il passo alle prime incursioni nella fotografia a colori. Durante questi anni di pausa l’autore si allontana dalla fotografia in senso classico, rivalutando il colore come mezzo per avvicinarsi alla pittura, all’arte contemporanea. Dalla visione contrastata della vita si passa ad una visione ammorbidita dalla pittura e dal cinema. Nightmore è un abbandono in cui l’inquietudine sfuma in una sorta di equilibrio. Una pienezza arricchita dal contatto con la cultura dell’immagine e, più in generale, accompagnata da letterati, artisti pensatori. NightMore rappresenta la maturità artistica ma vuole anche essere un compendio di tutta l’attività di Groppi e dei numerosi cambiamenti che l’hanno caratterizzata. Mutazioni, appunto, della cui omonima serie proporremo, per consentirvi un approfondimento e per stimolare la vostra curiosità, in aggiunta alcune opere. È un artista curioso, umile, intuitivo. E la sua fotografia ha raggiunto una condizione tale per cui i picchi negativi e quelli positivi si equilibrano, rendendola intensa e confortevole. Se dovessi provare a definire la sua fotografia, soprattutto quella dei suoi ultimi lavori, sarebbe quella di un dadà rivisitato dentro una sala da tè. Un luogo in cui sentirsi a proprio agio in un calmo, produttivo, continuo, stravagante, illogico confronto con la ragione. Walter Borghisani

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