GIANLUCA GROPPI

Gian Luca Groppi è nato a Piacenza e vive e lavora a Genova. Da più di 30 anni si dedica alla fotografia ed alla stampa in camera oscura. Definito dalla critica “moderno cantastorie, che mischia i generi e le carte, infondendo alle sue opere un lirismo caustico che volutamente non offre panacee o soluzioni, ma piccoli strali, per scuoterci dalla diffusa inerzia sociale ed emotiva”, pratica l’arte come necessità, utilizzando mente e medium fotografico per esprimere la propria poetica: raccoglie e mette in scena, per disvelare e bonificare, i malesseri, i vuoti e le ansie della società, ammantandoli di un humor salvifico, piuttosto nero. La personalità di Groppi è complessa, al pari della sua produzione artistica e di cui ritengo fondamentale identificare le fasi creative per comprenderla e, auspicabilmente, apprezzare quanto proposto in questa mostra. Il primo lavoro, “Neogothic”, risale agli anni ’90. La fuga da un’adolescenza molto inquieta trova il “conforto” della cultura e della musica dark. L’autore scopre negli altri gli stessi malesseri, vuoti, ansie che gli appartengono. Il fotografo si specchia nei suoi soggetti e nel loro disagio, ma la fotografia è ancora concepita come diario e non come un vero e proprio mezzo espressivo. L’inquietudine post-adolescenziale cede il passo, nei primi anni 2000, ad una fase acerba, sia a livello tecnico-fotografico che a livello narrativo. La riflessione si concentra sulla comunicazione e su come esternare il proprio pensiero in fotografia. Tra il 2001 ed il 2005 nasce “_I_”, che segna l’inizio di una sorta di personalizzazione, il preambolo ad una mutazione. “Mutazioni” (2005-2009) è, per l’appunto, il progetto attraverso cui l’autore cambia, e del quale lui stesso dice: “Le fotografie giocano sui doppi significati linguistici e semantici; focalizzano lo sguardo sui vizi, le falsità e i luoghi comuni della società, sulla compulsione ad apparire, portando alla luce il diffuso malessere esistenziale che corrode energie e valori. I personaggi vengono decontestualizzati e reinventati, anche attraverso citazioni e rimandi culturali. Dai set fotografici emergono figure spesso anaffettive, preda di un'entropia comunicativa che congela gesti e sguardi. La brillante superficie della realtà perde lo smalto e scivola verso i territori dell'illogica logica surreale. Ogni dittico diviene riflessione, racconto aperto, analisi comportamentale.” Un lavoro in cui Groppi si manifesta con un atteggiamento che, precedente, mancava. I primi lavori erano parte di un circolo vizioso in cui l’umore dark-funereo non lasciava spazio ad alcun ottimismo; “Mutazioni” svela una parte fondamentale dell’autore: l’ironia. In “Mutazioni” comincia a proporsi il vero Groppi. La struttura comunicativa in dittici si consolida. Si consolida anche l’idea che le opere di Groppi sono “figli unici”: opere che vivono di vita propria, non imparentate strettamente le une con le altre. NIGHTMORE

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